Quando il feedback migliora i risultati

Feedback è una parola inglese che ormai è entrata anche nel vocabolario aziendale, ma ciò non significa che nelle aziende sia diffusa la cultura del feedback e questo strumento venga usato in modo efficace per promuovere la crescita del personale.

Ne ho prova ogni volta che proponiamo ai responsabili delle risorse umane o agli imprenditori di introdurre in azienda un processo di feedback 360.

Le risposte di solito sono: “So già che i manager si opporranno”, “ma i manager non hanno tempo”, “i manager non vogliono ricevere feedback dai collaboratori”, “non vogliamo alimentare conflitti o demotivare le persone”…

Insomma il feed back fa paura! Chi lo riceve spesso si sente giudicato o valutato come quando a scuola prendeva un brutto voto. Ma anche chi deve dare feedback spesso è a disagio. C’è chi non si sente all’altezza del proprio ruolo, chi teme di demotivare i collaboratori e chi non sa come formulare un feedback in modo positivo ed efficace.

Nella mia esperienza ho potuto constatare che questa paura è più diffusa nella cultura italiana. Nella cultura anglosassone è meno diffusa perché i feedback sono più focalizzati sul ruolo e sulle competenze che sulle persone. Nel mondo Germanico  ho riscontrato una maggiore apertura delle persone nel dare e ricevere feedback. In Italia invece c’è la tendenza a prendere le cose sul personale, si fa più fatica a distinguere tra persona e ruolo. Il primo approccio è spesso del tipo “tu non sei OK” o “io non sono OK”. Raramente si parte dal comportamento in funzione del ruolo.

Feedback negativi e positivi

In Italia c’è anche la tendenza a usare il feedback solo quando le cose non vanno bene.

Qualche giorno fa ho incontrato un manager che mi ha detto: “Nella nostra azienda usano la parola feedback perché suona meglio di “critica” o “cazziatone”, ma la sostanza non cambia”.

Ma il feedback non è sempre negativo.

Kennet Blanchard, celebre autore di molti libri di management, ha scritto un libro dal titolo “Ben fatto!” dove illustra l’importanza dei feedback positivi per rinforzare un comportamento virtuoso e aumentare il livello di engagement dei collaboratori.

Sempre Blanchard ha definito il feedback “la colazione dei campioni”. Anche nella cultura americana, infatti, questo strumento ha una funzione positiva. Non a caso in America il feedback 360 è particolarmente diffuso.

Il feedback 360: cos’è e perché si usa

Il feedback 360 è un processo conoscitivo che raccoglie i feedback di diversi soggetti  relativamente alle competenze trasversali chiave richieste in un determinato ruolo e ai comportamenti attuati della persona che ricopre questo ruolo. In pratica funziona così: si possono raccogliere in forma anonima i feedback di colleghi, superiori, collaboratori, clienti, fornitori… e confrontarli con l’autovalutazione che dà di sé una persona.

Il beneficio evidente di questo approccio è che le persone possono aumentare il livello di autoconsapevolezza, si evita di scadere in giudizi personali, di avere valutazioni parziali e chi riceve il feedback può confrontare la propria autovalutazione con quella delle persone con cui entra in relazione. Tutto questo naturalmente richiede la definizione di un processo ben strutturato.

 

Quali risultati si possono ottenere con un processo di feedback 360?

Ecco un esempio: in un’azienda c’era un team di ingegneri diretti da una persona molto competente e precisa ma che aveva la tendenza a controllare troppo e delegava poco. Uno dei collaboratori ha messo in evidenza quest’ultimo aspetto nel suo feedback al capo, ma nel colloquio è anche emerso che le sue difficoltà di relazione con il capo derivavano dal fatto che non lo stimava all’altezza del ruolo perché non possedeva una laurea equivalente alla sua.

Ho invitato il capo a considerare l’opportunità di diventare più flessibile e di delegare di più, mentre con il collaboratore abbiamo cercato di ristrutturare la credenza che lo portava a sottovalutare il capo solo perché non laureato in ingegneria. Risultato: dopo un anno i rapporti tra capo e collaboratore erano già migliorati e il clima nel team era decisamente più positivo.

In un altro caso è successo che un collaboratore ha lasciato l’azienda dopo aver ricevuto per due anni di seguito un feedback negativo dai colleghi. In casi simili spesso il collaboratore che lascia l’azienda perché non è in sintonia con il resto del team fa il proprio bene e quello dell’azienda.

Con il feedback 360 si possono ottenere molteplici risultati, se si rispettano alcune condizioni importanti.

Alcune condizioni per migliorare le performance con il feedback 360

1 Utilizza un tool che garantisca, al tempo stesso, oggettività, anonimato, ma anche la possibilità di personalizzazione.

2 Affida i colloqui ad un consulente esterno che offre una posizione neutra ed obiettiva.

3 Lo sviluppo di un progetto di feedback 360 richiede un processo ben rodato. Evita il fai da te che può esporti al rischio di perdere tempo, commettere errori o addirittura bloccarti davanti a qualche ostacolo o opposizione.

Vuoi approfondire la conoscenza del processo di feedback 360 e capire quali sono i suoi fattori critici da gestire?

Visita la pagina Feedback360 e scarica l’ebook.

A cura di Nino Vitolla, CEO di GNV Group.

 

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